Meeting Lab AIHC 2022: Tavola Rotonda –
“COMPRENDERE I FABBISOGNI DEL BENESSERE PERSONALE E SOCIO-ORGANIZZATIVO NEI TEAM, NELLE AZIENDE E NELLA COMUNITÀ”
Sabato 8 ottobre 2022, presso il Circolo dei Lettori in Via Bogino, 9 a Torino, si è tenuto il Meeting-Lab dell’Associazione Italiana Health Coaching (AIHC), evento a livello nazionale con tema: Health Coaching come approccio sistemico nei contesti sociali: per l’empowerment e il benessere dei cittadini. Uno degli argomenti trattati nelle relazioni del convegno, è stato incentrato sulla nuova identità dell’Health Coach.
Alla Tavola Rotonda, moderata da Rino Sciaraffa, Referente AIHC esperto in gestione del no-profit e formazione collaboratori per il fundraising, hanno partecipato:
- D.ssa Laura Cassio, vice-prefetto di Torino, Presidente Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Torino e annessi collegi (Sezione 1, Sezione 2);
- Dott. Antonio Lazzari, Medico Chirurgo, Specialista in Anestesia e Medicina del Dolore, Dirigente Medico Ospedaliero;
- D.ssa Fernanda Cervetti, Magistrato, Giornalista, Consigliere di Corte di Cassazione e Presidente di Corte di Giustizia Tributaria di Torino, Presidente del M.A.G.E.D. (Magistrati, avvocati, giuriste europee donne) e membro dell’I.A.W.J. (International Association Women Judges).
Alla D.ssa Laura Cassio è stato chiesto: Tra le molteplici attività che riempiono le sue intense giornate di lavoro, Lei si occupa di problematiche relative alla protezione internazionale, ai fenomeni delittuosi diffusi sul territorio, connessi ai flussi migratori ed inoltre, è anche impegnata nel far emergere i fenomeni di sfruttamento riconducibili alla tratta di esseri umani. Rivolgendosi alle forze di polizia impegnate in tali attività sul territorio, quali leve del Coaching potrebbero essere usate per migliorare la risposta in termini di qualità della vita da parte degli operatori? Gentilmente ha risposto:
“Il personale che opera nelle Commissioni Territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale è sottoposto pressoché quotidianamente a pressioni molto forti. Spesso lo stato psico-fisico dei richiedenti asilo presenta profili di vulnerabilità, dal momento che essi giungono in Italia dopo avere subìto o sperimentato, nel proprio Paese o in quelli di transito, violenze ed esperienze traumatiche.
Anche una volta che si trovano sul territorio italiano, devono affrontare ostacoli di vario genere: mancanza di lavoro, preoccupazioni relative al nucleo familiare che si trova ancora nello Stato di origine, situazioni di sfruttamento o altro.
Pertanto, relazionarsi ogni giorno con persone in forte difficoltà quali sono, in genere, i richiedenti asilo e, in particolare, ascoltare durante le audizioni con questi ultimi vicende di persecuzioni e abusi di cui essi sarebbero stati vittimi in patria, richiede capacità di ascolto e di relazione che richiedono concentrazione e empatia.
Tutte queste considerazioni sono tanto più vere se si riflette sulla delicatezza del lavoro svolto dalle Commissioni Territoriali i cui componenti sono consapevoli di adottare decisioni che, nel riconoscere o meno la protezione internazionale, incideranno sul destino di queste persone.
I funzionari delle Commissioni sono, quindi, chiamati non soltanto ad applicare le proprie competenze tecniche – ossia condurre con professionalità le interviste con i richiedenti asilo e applicare la complessa normativa in materia di diritto asilo – ma anche a rispondere a tutte le sollecitazioni cui ho fatto prima riferimento e, più in generale, a gestire situazioni impegnative da un punto di vista anche psicologico.
Per questo ritengo essenziale organizzare all’interno della Commissioni una formazione continua in favore dei funzionari”.
Al Dott. Lazzari è stato chiesto: nella sua attività clinica ed interventistica, ha maturato una profonda esperienza nel trattamento e nella cura del dolore. Sulla scorta delle esperienze maturate, quale potrebbe essere il ruolo dell’Health Coaching nella gestione del paziente e dei suoi familiari?
“Il dolore, soprattutto quello cronico, è un’esperienza profondamente debilitante per pazienti e familiari, costretti, spesso, a convivere a lungo con la sintomatologia, in prevalenza attenuabile, non guaribile, con le terapie disponibili. Penso che l’Health Coaching potrebbe aiutare ad affrontare proprio tale difficile convivenza, da parte di tutti i soggetti coinvolti”.
Alla D.ssa Fernanda Cervetti è stato chiesto: Essere una donna di prestigio, ricoprire un ruolo di grande rilevanza istituzionale e sociale, è sufficiente di per sé ad orientare gli altri verso comportamenti positivi e virtuosi? Ha mai fatto ricorso ad azioni di Coaching per trasmettere buone pratiche ed esempi di valore? E con quali risposte da parte dei suoi interlocutori? Cortesemente ha risposto:
“Giudicare è un compito molto gravoso in quanto si devono gestire, nello stesso tempo, razionalità ed emotività. Come giudice penale mi sono trovata di fronte a persone che avevano commesso anche terribili reati, contro bambini e la famiglia, oltre che casi di violenza contro soggetti innocenti, quali donne ed emarginati. In questi casi occorre applicare la pena che si ritiene giusta, ben sapendo quali implicazioni porterà sia per le vittime, sia per i colpevoli, come pure per le famiglie coinvolte.
Ragione ed emozione non devono entrare in conflitto e questo è un momento delicato del processo.
Ma giudicare non è soltanto applicare una legge nel modo più equo e corretto, deve essere anche il momento in cui si deve cercare rendere consapevoli delle proprie responsabilità i soggetti che si hanno dinnanzi, cercando di educarli verso comportamenti positivi. Per questo motivo è importante che sia un giudice e non una macchina ad irrogare le pene, perché giudicare non è soltanto un conteggio oggettivo delle sanzioni che dipendono da un determinato fatto, ma anche la commisurazione al caso concreto della pena. Rendere consapevoli gli imputati, ma anche le loro famiglie, del disvalore delle proprie azioni è importante, quanto la quantificazione di una pena che non potrà mai essere standardizzata, perché ogni caso è diverso e singolare per se stesso.
Mi son trovata innanzi giovani che preferivano rubare piuttosto di ottenere un lavoro scomodo: “Fare il panettiere vuol dire alzarsi alle 4 del mattino, preferisco rubare!”; un padre giustificava le azioni del figlio, affermando la colpa della società e non la propria, perché “io devo lavorare!”.
È importante in questi casi mettere ciascuno di fronte alle proprie responsabilità di uomo o di padre verso se stessi e la società. Del pari la moglie che giustifica il marito pedofilo violentatore, perché se resta in carcere: “chi ci mantiene?” deve comprendere che deve difendere non solo se stessa, ma anche i propri figli piccoli e non può volgere il capo da un’altra parte”.
In un altro giro di domande, è stato chiesto: Sulla scorta della vostra esperienza in che misura ritenete che l’Health Coaching possa essere inserito nei normali percorsi formativi ed educazionali, rivolti agli operatori che si occupano di gestione, di organizzazione e di relazioni con le persone?
Queste le risposte:
D.ssa Laura Cassio: “Penso che queste occasioni formative siano una importante occasione per i funzionari coinvolti per far emergere e condividere eventuali loro difficoltà che vanno al di là delle attività specifiche cui sono preposti e che coinvolgono il loro benessere lavorativo. Devo dire, al riguardo, che queste riflessioni sono coerenti con l’azione condotta ormai da molti anni dalla Commissione Nazionale per il diritto d’asilo che ha dimostrato attenzione e sensibilità verso questo argomento.
In tale contesto, il ricorso alle tecniche e alle strategie più avanzate e moderne quali il coaching è senz’altro utile per sviluppare le potenzialità dei funzionari, rafforzare in questi ultimi la fiducia nel lavoro svolto e per affrontare con maggiore serenità e sicurezza le sfide poste dall’attività cui sono preposti”.
Dr. Antonio Lazzari: “Personalmente penso che l’Health Coaching dovrebbe essere insegnato a ogni operatore sanitario, per il quale potrebbe rappresentare un armamentario aggiuntivo, nell’ottica gestionale della completezza del paziente, in contrapposizione all’identificazione, di per sé riduttiva, unicamente nosologica”.
D.ssa Fernanda Cervetti: “La mia attività mi ha portato ad avere rapporti con molteplici figure negli uffici giudiziari, dai segretari, ai cancellieri, alle forze di polizia, agli avvocati ed ho sempre cercato di essere di esempio con un comportamento equilibrato ed è questa mia dote che è sempre stata lodata proprio dagli avvocati, che sono la naturale controparte, e anche dai colleghi. L’equilibrio nelle decisioni e la disponibilità al dialogo sono importanti e devono essere la guida principale per un giudice: non soltanto esserlo, ma dimostralo giorno per giorno di fronte a tutte le persone con cui si viene in contatto per ragioni di lavoro.
Per concludere due sono i requisiti per rendere produttivo il proprio lavoro: vederlo sempre come un servizio, anche nel caso si svolga ruolo di grande rilevanza istituzionale e sociale, e non come un simbolo e segno di potere e comportarsi con chiunque in modo inclusivo, per essere una chiara leva strumentale al miglioramento proprio e altrui. Per questi motivi, vedo di estremo interesse ed utilità l’inserimento dell’ Health Coaching nei normali percorsi formativi ed educazionali, rivolti agli operatori che si occupano di gestione, di organizzazione e di relazioni con le persone”.
A Rino Sciaraffa abbiamo chiesto: Vista la sua esperienza diretta nel miglioramento del benessere organizzativo, nella sostenibilità ambientale e sociale ed in seguito ad una sua intervista in cui ha affermato che: “siamo naviganti su di un pianeta che sta andando alla deriva nell’universo”, vorremmo sapere cosa intendesse dire ed in che modo l’Health Coaching potrebbe aiutare a trovare la rotta giusta per non andare alla deriva e per ritrovare la strada del benessere e dello sviluppo?
“Il benessere individuale è strettamente connesso con il benessere organizzativo e non si può negare che siano componenti interdipendenti. Sia il mondo for profit che il mondo no-profit, ambiti nei quali operiamo come AIHC, ricevono importanti sollecitazioni alla performance e sfide competitive e queste accelerazioni possono produrre, se non gestite con attenzione e con una costante formazione, in una sorta di entropia. L’empowerment delle persone si riverbera nell’empowerment dei team di lavoro ottenendo il giusto equilibrio funzionale fra sfide individuali ed organizzative. Senza un adeguato percorso di coaching, l’efficacia dei processi e l’efficienza organizzativa sono destrutturate ed emergono involuzioni dannose per le persone e per le organizzazioni. Il problema maggiore, per chi fa coaching organizzativo è che spesso veniamo interpellati quando il percorso discendente organizzativo è già in essere ed una inversione di tendenza risulta pertanto essere più faticosa e meno immediata.
Come espresso nella domanda, il nostro mestiere di coach, aiuta a tornare padroni del nostro timone di guida, nella misura in cui siamo consapevoli di processi di cambiamento che devono avvenire sia in noi, sia nelle persone intorno a noi. Io definisco il coach come colui che aiuta a non aver paura dei cambiamenti ed avere fiducia che la rotta che vogliamo intraprendere passa da coordinate che sono dentro di noi: valori, idee, dialogo, sogni, progettualità, cooperazione e soprattutto tanto coraggio”.
Nicoletta Viali – Ufficio Stampa e Comunicazione AIHC